Tipologie di fili per l’applicazione, a mezzo di pistola sparafili, delle etichette per abbigliamento

I fili che si utilizzano con le pistole sparafili sono sensibilmente diversi fra loro, in relazione all’impiego cui sono destinati e ad un esperto del settore basta letteralmente un colpo d’occhio, o magari un tocco, per riconoscerli.

 

Materiali diversi e diverse lunghezze soddisfano le esigenze più disparate.

 

Le etichette, infatti, non vengono applicate solo ad abbigliamento cosiddetto “esterno”, ma svariati sono gli ulteriori settori per i quali esse vengono normalmente impiegate: intimo, calze, valigeria, calzature, casalinghi, elettronica ed altri ancora.

 

Ricordiamo inoltre anche il campo delle tintorie industriali, dove il filo è largamente impiegato per contrassegnare i capi nelle diverse fasi delle lavorazioni, ma anche per altre finalità, per i profani a volte davvero impensabili.

 

I fili per pinze aggancia cartellino presentano lunghezze estremamente diversificate: in polipropilene sono prodotti in lunghezze che variano da 15 millimetri a 130 millimetri, mentre se realizzati in nylon sono prodotti in lunghezze che variano da 6 a 130 millimetri; nella versione cosiddetta “sottile” presentano peraltro estremità con caratteristiche leggermente differenti.

Produzione dei fili aggancia cartellino, per l’applicazione delle etichette per abbigliamento

Osservando un filo che aggancia un cartellino ad un capo di abbigliamento, difficilmente si può immaginare quanto sia articolato e tecnologico il processo di produzione che porta un granulato senza alcuna pretesa a diventare elementi così sottili, eleganti e al tempo stesso resistenti.

 

Per realizzarli vengono utilizzate macchine per iniezione di materie plastiche.

 

Esse sono costituite da presse di grandi dimensioni, sulle quali viene montato uno stampo in acciaio temperato.

 

Il granulato di nylon o di polipropilene viene introdotto nel macchinario, dove prima viene sciolto – o per meglio dire, fuso – quindi spinto con grande forza – per mezzo di una cosiddetta “vite senza fine” (quella del tritacarne, per intenderci) – nell’impronta dello stampo, dove inizia a solidificarsi, raffreddandosi progressivamente.

 

Infine, per ottenere il minuscolo diametro di filamento necessario per l’applicazione delle etichette al tessuto, la stampata così ottenuta viene tirata – ancora a caldo e prima che esca dallo stampo – fino al raggiungimento delle spessore e della lunghezza desiderati.